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Intervista con
Alessandro Sarno

A proposito di Cat Island
Maria Luisa Daniele Toffanin

Alessandro, vorrei parlare subito della tua passione per la fotografia, rappresentata dal bel libro “Cat Island” ma mi viene in mente il mio racconto “Turbativa al condominio” nato dal tuo improvviso arrivo a Boscoverde. E mi rinasce ora più viva la curiosità di sapere come mai tu bazzicassi per le vie di Sottoguda, magico paese, uno dei borghi più belli d’Italia, nelle Dolomiti, patrimonio Unesco.

La mia prima visita a Sottoguda risale a qualche anno fa. Per molti anni è stata solo una segnaletica stradale che vedevo, sin da piccolo, ogni volta che passavo per andare a sciare in Marmolada. Sottoguda è stata per me una splendida sorpresa, cosi curata, intima, quasi fiabesca. Da allora mi fermo sempre per una passeggiata e per mangiare al ristorante dell’hotel Montanara e per prendere miele e speck al negozio del paese. È proprio in questo negozio che ho visto in vetrina il suo libro di poesia, “La casa in mezzo al prato in Boscoverde”. L’ho comprato e me ne sono innamorato. Quest’estate, in una successiva visita, ho chiesto dove abitasse questa meravigliosa poetessa e così ho deciso di andare a bussare alla sua porta per complimentarmi…

Grazie della tua stima: è bello davvero conoscere personalmente qualcuno che condivida la tua poesia. Ad ogni modo, penso che tu sia troppo buono con me. Ma, tornando a noi, mi pare di capire che il passato e la famiglia rappresentano per te un grande passaggio della tua vita, o mi sbaglio?

Effettivamente sono un nostalgico di carattere e purtroppo guardo più al passato che al presente.

Ma andiamo ora al nostro libro. Conoscendo e ammirando il tuo libro da tavolino, “Cat Island” da me recensito, desidero saperne di più. Mi chiedo da dove venga tanta passione per la fotografia.

Non so definire con precisione da dove venga la mia passione per la fotografia. So che è una cosa in me abbastanza naturale, importante, senza però essere così estrema da condizionare la mia vita. È semplicemente uno strumento col quale riesco ad esprimere ciò che sento perché comunque la fotografia è un modo di esprimersi. Parla soprattutto di chi scatta la fotografia, del motivo, del momento, del suo stato d’animo, ma anche dei soggetti ripresi. Quindi la fotografia per me è come un diario di viaggio che mi fa ricordare, attraverso le foto, ogni momento del mio cammino. Posso affermare che mi aiutano a tenere insieme passato e presente. Ne faccio un esempio: è come se facessi legna durante l’estate per l’inverno. Quindi le fotografie sono come raccogliere legna-memoria per l’inverno della vecchiaia: potrò così rivivere la mia vita attraverso le foto.

Certo che la fotografia fa parte proprio della tua esistenza e sembra quasi che il luogo illustrato in Cat Island sia amato con lo stesso amore per il luogo natio. Ma tu dove sei nato? A Cat Island forse?

In verità sono nato a Milano nel ’68, ma non so perché mi trovo molto più a mio agio fotografando luoghi lontani che non quelli vicini, qui in Italia. Sento là di avere degli occhi nuovi, una maggiore curiosità, una scoperta e apprezzamento per le cose, per una vita che non è mia: tutto questo mi desta interesse, come se ritornassi bambino. È da lì forse che nasce questa passione per la fotografia. Cat Island certamente mi piace, ma non parlerei di amore per quest’isola ove il rapporto umano talvolta non è semplice, vissuto con partecipazione e sincerità. Si avverte un senso di distanza dagli altri anche se poi si possono scoprire nel tempo realtà molto profonde.

Ma ritorniamo un po’ alla tua storia bambina: raccontami qualcosa di te e delle tue frequentazioni di allora (luoghi, persone, ecc.)

La mia vita da bambino… non saprei da dove partire. Sono sempre stato sensibile e per questo tante volte mi sono sentito un po’ fuori dal mondo che mi circondava e che mi circonda. E oggi mi sento esattamente così: anche se mi piaceva giocare come tutti i bambini, sentivo però bisogno di solitudine e di contemplazione. Possedevo quindi un’attitudine all’osservazione, forse ereditata da mio padre che ugualmente amava fotografare le diverse visioni paesaggistiche e gli incontri umani.

I luoghi che ho sempre amato e che ancora oggi amo sono le colline, in particolare di Asolo, la campagna, il mare, il mare Adriatico, Venezia… luoghi visitati con i miei genitori, con mio papà, e ora luoghi della mia anima.

Capisco perché il tuo sito abbia come nome “Il fotografo solitario”. Ma procedendo nella tua vita mi incuriosisce il fatto che occupavi un posto di grande responsabilità alla Geox e che l’hai lasciato per sempre. Un atto ardito, irresponsabile? Oppure, qual è la verità?

Sì, ho lasciato la Geox, ma precedentemente, negli anni ’90, già mi ero licenziato dalla banca per raggiungere l’America, spinto dal desiderio di Nuovo. E quindi questo spirito di avventura mi è rimasto dentro e a 40 anni ho preso quella decisione di cui lei parla: ho lasciato un posto di grande responsabilità ben retribuito. Ma quello è stato un momento particolare: un insieme di cose, di coincidenze in quell’anno, compresa la morte di mio padre, mi hanno determinato in questa decisione drastica che non saprei definire. Irresponsabilità o no, è andata così e ho iniziato una vita nuova. Beh, all’inizio ero contento della mia libertà ma poi sono apparsi all’orizzonte problemi esistenziali quali la scelta del lavoro, del genere di vita, momenti abbastanza difficili. Per fortuna nel frattempo ho conosciuto la fotografia, apprezzata da tante persone da me frequentate che mi hanno incoraggiato a continuare in questa direzione rendendola mia professione. E quindi piano piano è arrivato il successo e ora questo è il mio lavoro, la mia passione che estendo poi nei miei libri, storie di luoghi di genti, prodotti commerciabili. Quindi sono ora contento di questa scelta, soprattutto perché non ho mollato, l’ho voluta fino in fondo senza cedere nei momenti di incertezza evitando di finire dietro ad una scrivania. Conduco ora una vita certamente di impegno diverso, però godo della libertà, fondamentale per me, anche se a volte cederei un po’ di libertà per un rapporto affettivo duraturo.

So benissimo che chiunque potrebbe fare una ricerca su internet e trovare pagine su quel famoso “fotografo solitario”, ma io preferisco sentire dalla tua viva voce il racconto della tua vita. Quindi ti invito a procedere…

Vorrei forse approfondire come veramente è entrata la fotografia nella mia vita. Abitavo a Miami dove in un qualche modo cercavo di vivacchiare facendo un po’ questo, un po’ quello. E così, incuriosito dalle Bahamas, lì vicine, nel 2008 ho preso un aereo e sono andato a scoprire il mondo intorno. Dovevo fermarmi qualche giorno e invece alla fine sono rimasto un mese. Ho comprato una macchina fotografica, la mia prima, in un negozio del luogo: ancora ho la ricevuta, una Nikon compact 570$. Ho quindi cominciato a fare un po’ di foto dell’architettura, dell’ambiente e del mare. Da quel primo viaggio sono tornato sempre più spesso, fino a trascorrere anche 6 mesi. Ho conosciuto diversi amici. Uno di loro mi ha invitato nella sua isola dove ho trascorso molto tempo passando le giornate facendo fotografie e girovagando tra la bellezza dell’isola in completa libertà, senza un programma preciso. E questo è andato avanti per anni. Alla fine di questa fase nomade ho realizzato un album come ringraziamento all’amico che mi aveva ospitato: grande successo. È piaciuto a tutti e, spinto da ciò, ho realizzato una prima mostra fotografica con grande soddisfazione.

Ma ora dove e come vivi? Dimmi se hai qualche nostalgia per la tua casa quando sei lontano perché, dalle fotografie che ho visto, ti penso persona molto sensibile. In particolare racconta se avverti problemi affettivi nel presente e timori per il futuro. O lo spirito d’avventura riesce a far tacere tutto questo in te?

Vivo a rotazione. Un po’ a Montebelluna, un po’ a Miami e un po’ alle Bahamas. Ora però la maggior parte dell’anno la trascorro a Montebelluna.

Partire è sempre più difficile perché vedo mia mamma invecchiare e soffrire per la mia partenza. Per questo motivo non posso più stare via troppo a lungo, ha bisogno di me. E poi anche lasciare il mio adorato Kuma (il mio cane) è veramente dura… Una volta a destinazione comunque dopo qualche giorno mi riassesto e inizio a godermi la nuova avventura.

Ti ringrazio, caro Alessandro, di questa conversazione in cui metti in evidenza una parte di te, l’altra la affidi alle tue fotografie, ove più facilmente ti riveli nella tua complessità. Grazie.

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