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Battilana

Marilla (Milano 1932 - Coseano 2022) di famiglia veneta, poeta, scrittrice e saggista, dal 2005 ha vissuto a Coseano, in Friuli. Già docente di anglistica all’Università di Venezia (Ca’ Foscari, 1968-1980) e poi titolare della cattedra di letteratura angloamericana della Facoltà di Lettere dell’Università di Padova (1980-1996), ha insegnato lingua e letteratura italiane alla Southern Illinois University (Fulbright Lecturer 1971-72, poi Adjunct Research Professor 1972-73 presso la stessa Università) e alla Queen’s University di Belfast (Winter Term, 1983). Visiting Professor a fini di ricerca nel 1983 (Spring Term) a Princeton (NJ) e nel maggio 1992 a San Diego (Cal.).

Nel campo della poesia ha pubblicato: L’erba rompe le pietre (1960), Valore Zero Valore (1969), Telefonare al boss (1979, con postfazione di G. Bárberi Squarotti), Yo, el Rey (1982, sei poesie visive in serigrafia con prefazione di M. Vailati), Occhiodiamante (1989, con prefazione di M. Luzi), U.S.A. (2001, sette poesie visive in fotolitografia), La corona d’oro e altre pagine (2002, finalista al premio “Circe-Sabaudia”), Sequenza friulana (2004, presentato all’Archivio Antico del Bo a Padova); Dalla terra di confine (2010),
• nel campo della narrativa: Racconti d’America e d’Italia (1991), Viaggio a St. Louis (1994, romanzo breve) e il diario-saggio poundiano La muraglia di Gmünd (2000); Danny Boy (2012), Necessaria è l'ironia. Racconti dal Nord-Est (2015),
• nel campo della saggistica: Venezia sfondo e simbolo nella narrativa di Henry James (1971, 1987), l’antologia bilingue English Writers and Venice 1350-1950 (1981, 1989), Il tranello diabolico: arti visive nella letteratura americana (1979, premio speciale saggistica “Città di Ancona 1984”), The Colonial Roots of American Fiction (1988), Civiltà di frontiera. Saggi e studi sulla letteratura americana 1789-1989 (1990).

Fra le opere da lei curate e tradotte: Tre donne del New England (1986) e Ombre bianche, ombre rosse. Racconti di prigionia fra gli indiani d’America (1997).

Collaboratrice di riviste italiane ed estere: dallo storico “Il caffè”, “Poesia”, “Zeta”, “Lettera”, “La battana”, “Vernice”, “Forum italicum”, “Chelsea”, “New Italian Poetry”, “Scorpione letterario”. Pratica professionalmente l’arte della pittura ed è stata fra i primi cultori di poesia visiva in Italia. Ha ottenuto premi e riconoscimenti nei vari campi della sua attività: fra l’altro ha rappresentato l’Italia per poesia e critica al XX Convegno degli Scrittori del 1983 a Belgrado e alle Serate di Struga (Macedonia) del 1984. Inclusa nel Who’s Who of International Poetry, Europa Publications, London. Fa parte del Pen Club International, sezione di Trieste.

Sulla sua produzione letteraria hanno scritto, fra gli altri: E. Andriuoli [La corona d’oro e altre pagine] «Meditazioni sul mondo e sulla storia, amori e disamori, ironiche considerazioni sul nostro vivere e sui rapporti fra gli uomini formano la materia del libro, che si sviluppa in maniera sciolta e armoniosa nelle sue varie sezioni. Uno spirito arguto, sovente caustico, emerge dai versi; uno spirito che sa guardare la vita con disincanto e sa resistere ai duri colpi del destino, magari figgendo gli occhi dove la piaga più duole, ma sempre con sguardo sereno e con la consapevolezza dei limiti invalicabili dell’umano operare.»; G. Bárberi Squarotti [Per telefonare al boss, dalla postfazione] «E’ una poesia che tende a farsi registrazione del flusso di coscienza, cioè si fonda su un parlato ininterrotto, che convoglia con sé rabbia, protesta, l’ecolalia pubblicitaria, il quotidiano, il privato, il politico, come accade esemplarmente in "Come non essere" ovvero in "Sezione 241". Sono i monologhi di un’esperienza traumatica di un tempo di crisi quale è questo in cui viviamo: che è crisi dei rapporti politici e di quelli amorosi, della famiglia come del partito, della vita come delle idee. Ciò che il poeta tende a rilevare è proprio il convergere nella coscienza di presenze opposte che non riescono a chiarirsi e a farsi coerenti, ma condizionano l’individuo da posizioni e ideologie diverse, contraddittorie.»; V. Guarracino [Sequenza friulana] «B., nel fuoco dell’arsione creativa del suo coraggioso poemetto di religiosa compostezza, sa toccare come pochi altri le corde più segrete del nostro sentire civile, consegnandoci col suo dire la testimonianza di una passione di cui non si sospettava più la capacità.»; M. Luzi [Occhiodiamante, dalla prefazione] «Il suo racconto’lirico-filosofico’ procede con molta scioltezza, fila con brio e chiarezza: non mancano pathos, sarcasmo; ma non alterano la ‘salacità’ leggera, l’eleganza dell’insieme, la quale riesce anche più pungente per questo.»; S. Ramat «Il ‘diamante’ e l’‘amante’ implicati nel titolo – funzioni complementari, non alternative – esprimono lo scintillio, la durezza, il fervore dell’opera sin qui centrale sul cammino poetico di B. Lo provano la partitura accuratissima e la conferma dell’ ‘umorismo ‘ di fondo, là dove il libro si porge come ‘sequenza lirico-filosofica’, mentre è ovvio che il poeta in questione ha riposto da tempo in qualche armadio lo scheletro della ‘lirica’ e alla ‘filosofia’, come sistema non ha mai dato ascolto. E dunque, libertà spregiudicata, facoltà di intestare man mano all’Estetica e all’Etica, alla Fenomenologia e alla Cosmologia, alla Teleologia e alla Metafisica tutto quel che l’immaginazione e la memoria permettono o regalano.»; P. Ruffilli [Viaggio a St. Louis] «La bravura della B. sta nella costruzione sempre per più piani della narrazione. Il campo d’azione è St. Louis ma, attraverso i ritorni di memoria, altri luoghi vengono a complicare la scena. La protagonista vive nell’ottica della privata condizione psicologica, ma contemporaneamente è proiettata sul più ampio quadro della realtà americana in cui si muove  . . . in un intrecciarsi di sviluppi quasi a proliferazione. È l’aspetto originalissimo di questo libro, il suo marchio di stile.» oltre a D. Cara, C. Della Corte, M. Gorini, S. Maugeri, F. Simongini.

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